Il filosofo di campagna, libretto, Modena, Soliani, 1758

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina;
 tenete questo anello;
515ponetevelo in dito.
 Fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 EUGENIA
 Tu m'ingombri, Lesbina, non vorrei...
 LESBINA
 Se de' consigli miei
520vi volete servir, per voi qui sono.
 Quando no, vel protesto, io v'abbandono.
 EUGENIA
 Deh non mi abbandonare, ordina, imponi;
 senza cercar ragioni
 lo farò ciecamente;
525ti sarò, non temer, obbediente.
 LESBINA
 Quest'anello tenete.
 Quel che seguì sapete;
 e quel che seguirà
 regola in avvenir ci porgerà.
 EUGENIA
530Ecco mio padre.
 LESBINA
                                 Presto;
 ponetevelo al dito.
 EUGENIA
 Una sposa son io senza marito. (Si mette l’anello)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
535mi fuggi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 LESBINA
 La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
 si vergogna di me, poi collo sposo
540il suo core non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
 ch'ardono in sen d'amore,
545la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver ch'avesti
 dallo sposo l'anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco? Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                          Eccolo qui. (Mostra l’anello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 Capperi! È bello assai.
550Non mi credevo mai
 che Nardo avesse di tai gioie in dito;
 vedi se t'ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                        Oh via,
 cotesta ritrosia scaccia dal petto;
555queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po' ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente).
 DON TRITEMIO
 È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
560(Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano ad Eugenia e parte)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, EUGENIA e poi LESBINA che torna
 
 EUGENIA
 (È molto s'io resisto). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Affé non ho mai visto
 una donna di te più scimunita.
 Figlia che si marita
565suol esser lieta e al suo gioir condotta
 e tu stai lì che pari una marmotta?
 EUGENIA
 Che volete ch'io dica?
 DON TRITEMIO
                                          Parla o taci,
 non me n'importa più.
 Sposati e in avvenir pensaci tu.
 LESBINA
570Signor, è un cavaliero
 col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro?
 Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 LESBINA
575(È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
 d'evitar il periglio). (Piano ad Eugenia)
 EUGENIA
                                        (Andiam Lesbina). (A Lesbina)
 Con licenza. (S’inchina a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                          Va' pure.
 EUGENIA
                                             (Ahimè meschina!) (Da sé e parte con Lesbina)
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO, poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 DON TRITEMIO
 Se denaro vorrà, gliene darò,
 purché sicuro sia con fondamento
580e che almeno mi paghi il sei per cento.
 Ma che vedo? È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
 Compatite, signor...
585Compatite se ardisco
 replicarvi l'incomodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
590di me vi mostrerà
 titolo, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,
 l'istrumento rogato
 d'un ricco marchesato;
595ecco l'albero suo, da cui si vede
 che per retto cammino
 vien l'origine sua dal re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo?
 Questa è una bella cosa in verità.
600Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo del par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
605di comprede, di censi, di livelli,
 questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’instrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
610quattro valloni,
 anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
 una contea
615emit etcaetera.
 
    Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali.
620Sic etcaetera
 cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada signor notar co' suoi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
625a prender altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
630Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obbligatissimo.
 RINALDO
 Me l'accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
 v'è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DON TRITEMIO
635Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DON TRITEMIO
                                                La figliuola...
 RINALDO
 D'Eugenia non pavento.
 DON TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
 Chiamerò la figliuola.
640S'ella non fosse in caso,
 del mio buon cuor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima.
645S'ella non puole, amici come prima.
 
    Io son di tutti amico,
 son vostro servitor,
 un uomo di buon cor
 conoscerete in me.
 
650   La chiamo subito;
 verrà ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che,
 
    farò il possibile
655pel vostro merito,
 che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
 famoso egli è.
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
660Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 Veggola che ritorna
 col genitor allato;
 della gioia vicina è il dì beato.
 DON TRITEMIO
665Eccola qui; vedete se son io
 un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
 benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
 ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
670Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia,
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
675L'udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
 entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          E pur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
 La mano? In verità
680s'ha da far; s'ha da far... se si potrà.
 Dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                           Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 DON TRITEMIO
                                                          A voi. (Chiede la mano a Rinaldo)
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d'Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
685Nardo con quell'anello la sposò;
 e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come!
 DON TRITEMIO
                Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                       Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l'anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
690non si può, figlia mia, scioglier l'impegno.
 Voi che dite, signor?
 RINALDO
                                        Dico che tutti,
 perfidi, m'ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
695La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso);
 udite; ah svellar deggio
 l'arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padron, voi siete domandato. (A don Tritemio)
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
700Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
 Sente, signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vosignoria,
 s'altra cosa non ha da comandare,
705per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì, me n'anderò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
 Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci, infedele.
 
    Perfida figlia ingrata,
710padre spietato indegno
 non so frenar lo sdegno,
 l'alma si scuote irata;
 empio, crudele, audace,
 pace per me non v'è. (Or all’una, or all’altro)
 
715   E tu che alimentasti (A Lesbina)
 sinora il foco mio
 colla speranza, oh dio!
 così tu m'ingannasti?
 L'offeso cuor aspetta
720vendetta anche di te.
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 LESBINA
 (Obbligata davver del complimento).
 DON TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Orsù, signora pazza, (Ad Eugenia)
 ho capito il rossor che cosa sia.
725Quel che voglia colui vado a sentire;
 poi la discorrerem. S'ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Sì signor, dite bene.
 DON TRITEMIO
                                        E tu fraschetta,
 tu alimentasti dell'amante il foco?
 Vado e ritorno; parlerem fra poco.
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
730Ah Lesbina crudele!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
 Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa finor mi pare un gioco;
 non mi perdo, davver, per così poco.
 EUGENIA
735Prenditi questo anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
 Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
740Quest'anello omicida
 dinnanzi agli occhi miei soffrir non vuo'.
 LESBINA
 Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
745Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 Oh genero garbato!
 Alla sposa ha mandato
 questo ricco gioiello. (Mostra un gioiello)
 Prendilo, Eugenia mia; guarda s'è bello.
 EUGENIA
750Non lo curo, signore...
 DON TRITEMIO
                                          Ed io comando
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
 sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per ubbidienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono,
755non mi piace, nol voglio; a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 DON TRITEMIO
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Signor padrone,
 sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
760lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 (Lo crederò?) (A Lesbina)
 LESBINA
                             Signora,
 non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
 confessatelo pur, vostro pensiero
765non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 DON TRITEMIO
 E tu, che dici?
 LESBINA
                             Io dico
 che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l'impegno.
 
770   Una ragazza
 che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete,
775voi m'intendete,
 questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l'agnella,
 la tortorella
780il suo compagno
 cercando va. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai, tel dico anch'io;
 è questi il pensier mio,
 dappoiché tu sarai fatta la sposa,
785anch'io mi sposerò questa fanciulla.
 Piangi, sospiri e non rispondi nulla?
 Son stanco di soffrirti.
 Oggi darai la man. S'ha da finire.
 Se sei pazza non vuo' teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
790Pazza a ragion mi chiama
 il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
 ho tradito l'affetto,
 per celar follemente in sen l'arcano,
795ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
    Misera a tante pene
 come resisto, oh dio!
 Il crudo affanno mio
 ah tollerar non so. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 LENA sola
 
 LENA
800Oh questa sì ch'è bella!
 La cosa è ben graziosa!
 Nardo, mio zio si crede
 sposar di don Tritemio la figliuola;
 ma per quanto ho scoperto
805la serva ha già pensato
 esser ella la sposa e lui burlato.
 Pria che segua il contratto,
 voglio andare in un tratto
 il zio a ritrovar; poiché l'indegna
810d'essere zia mia, no, non è degna.
 Con tutti quei regali
 che ad Eugenia ha mandato,
 resterà da Lesbina corbellato.
 Folle chi crede delle donne il core
815acquistar con danari e senza amore.
 
    Quanto s'inganna
 chi pensa e crede
 che col denaro
 si compri fede;
820a me badate,
 non è così.
 
    A chi regala
 si finge amore;
 a quel che s'ama
825si serba il core;
 tutte le donne
 fanno così. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarino e cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
830Io mi accompagnerò
 in pace e sanità.
 Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare, signor no;
835soffrir, gridare, oibò.
 
    Voglio cantare;
 voglio suonare;
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
840Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
845da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l'ho avuta;
 la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l'anello.
 RINALDO
850Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
855Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono. Si può sapere
 almen per cortesia
 perché vossignoria
 con generosità
860allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
 amo anch'io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo,
865perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentono i miei pari.
 NARDO
 E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
870se mi burla e mi sprezza, io non ci penso;
 so anch'io colla ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d'avermi
 avvisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
875che già di donne non v'è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
880Voi l'avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com'è
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d'una lite,
885se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia
890e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata.
 M'avete regalata.
 Anch'io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
895No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
 Quand'ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v'intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
900dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me n'importa un fico.
 LESBINA
 V'ingannate, lo giuro; e chi è codesto
 con cui da me si crede
905impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forestiero
 che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v'inganna.
910Vostra sono, il sarò, ve l'assicuro.
 A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l'amor mio promesso;
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
915tutt'amor, tutto foco,
 sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo' la taccia.
 Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
920Qualch'error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero core onesto
 per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch'ella m'inganni).
 LESBINA
925Tenera sono d'anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
 che divider amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
930anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S'ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo.
 Ma voi siete pentito
 d'essere mio marito;
 qualch'altra donna amate
935e per questo, crudel, mi discacciate.
 
    Ah crudel, vuoi tu ch'io pianga?
 Singhiozzando piangerò.
 Guarda, guarda questi occhietti
 come rossi ora li fo.
 
940   Basta, via... Ma cosa aspetti?
 Volta il viso, fa un sorriso,
 fatti in qua.
 
    Allegramente,
 la pace è fatta.
945Donne, col piangere
 tutto si fa.
 
 NARDO
 No, ben mio, no, carina;
 siete la mia sposina; e se colui
 o s'inganna o m'inganna o fu ingannato,
950dell'inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì v'amo di core.
 LESBINA
 Siete l'idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XV
 
 LA LENA e detti
 
 LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
955colei che d'ingannarvi ora s'impegna,
 d'essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch'io dico lo so per cosa vera,
960ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch'ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
965Finsi il grado, egli è ver, perché v'adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio essere vostra o pur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
970che convenga sposare
 a un uomo come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt'è lo stesso.
 LESBINA
975Deh per pietà donate
 perdono all'error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v'adoro anch'io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
980che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona?
 Peggio è assai s'è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
985che cosa importa a me.
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l'onestà;
 secondo è la beltà;
990il terzo è la creanza;
 il quarto è l'abbondanza;
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
995sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me.
 
 SCENA XVI
 
 LESBINA e LENA
 
 LENA
 (Mio zio, ricco sfondato,
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
1000Signora, mi rincresce
 ch'ella sarà nipote
 d'una senza natali e senza dote.
 LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
1005Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
1010Son contadina, è vero,
 ma d'accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché del pari
 talor di nobiltà vanno i danari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
1015d'un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l'hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
1020ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 LENA sola
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
1025vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l'impertinente.
 Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
1030Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
 d'uno stato ripien d'ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
1035coll'agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
    Se l'innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
1040contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 Camera in casa di Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch'Eugenia è data via;
1045egli viene a insultarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava?
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch'io
 d'amor provo il desio,
1050desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta. (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                 Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
1055Eh t'intendo, furbetta;
 basta Lesbina, aspetta
 ch'Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
1060Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch'ho mandato a chiamar per la figliuola,
1065farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XIX
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
1070Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
 Basta, m'ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
1075ci ha mandati a chiamar perch'io vi sposi
 lo farò volontier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
1080La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov'è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
1085prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
1090che non vuo' dimezzar gl'utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand'è così, questa ragion m'appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
1095della ragion amica,
 ch'ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
1100Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell'anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
1105I nomi quali son? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
1110Sai tu dov'ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
1115Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
1120due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto, signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l'affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno etcaetera
1125dell'anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali son?
 
 LESBINA
 
 I nomi son questi:
 Eugenia con Rinaldo
1130dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
1135   La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
1140Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemila
1145si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimila
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
1150   Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate.
 Tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
1155   Duemila, seimila,
 battuti tremila,
 saran cinquemila...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
1160diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v'è.
 
 DON TRITEMIO
 
1165   Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
 Ah! M'hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
1170Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l'han portata?
 Empio Rinaldo indegno.
 Perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
1175   Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete, non sapete?
 Me l'han fatta i traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov'è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n'è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n'andò!
 
 CAPOCCHIO
 
1180Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
 non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
1185Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a quest'ora è maritata.
 E presente la servente,
1190quest'ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo